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Chi sono e come me la vivo

Nel manifesto ho detto che sono una persona queer. Questo è vero nella misura in cui il queer è codificato come il fattore di distruzione di ogni struttura sistemica. Nella misura in cui il queer è il fattore di distruzione della struttura dell’individuo, nata per privatizzare e produrre la realtà come atomizzata e immediatamente sfruttabile; e delle strutture che sull’individuo sono state innestate per instradare questa produzione di realtà in un senso o nell’altro: sesso, genere, razza, classe, specie. Se il queer è il fattore che dissolve ogni organizzazione ulteriore del mio corpo, che distrugge ogni possibilità di irregimentazione e disciplinamento di me e dell3 corp3 con cui mi ibrido, allora sì, sono queer.

Sono anche cyborg. In realtà, chiunque è un cyborg. Non c’è probabilmente stato alcun momento della storia del costrutto Homo Sapiens in cui chiunque possa essere codificato come rientrante in questa categoria non sia stato un tecnocorpo, profondamente ibridato con ciò che chiamiamo tecnologia. La stessa categoria di Homo Sapiens è basata, tra le altre cose, sulle competenze tecniche che si presume abbiamo assunto a un certo punto della storia.

Il punto è che la tecnologia esistente, dai Large Language Models (la cosiddetta “intelligenza artificiale”), fino ai più sofisticati computer, per arrivare agli oggetti più semplici, bicchieri, ombrelli, lampadine ecc. è una protesi del nostro corpo “organico”; non solo, ma è una protesi che rappresenta una modifica di un nostro arto/organo, o di quelli di un altro tipo di corpo, nel senso del miglioramento dell’efficacia rispetto ad una funzione. Per esempio, la bicicletta: gambe modificate per andare più velocemente, o anche un “animale da soma” sintetico; i vestiti: pelle prostetica che fornisce una mediazione tra il corpo e l’ambiente esterno (intemperie, sporcizia, infezioni ecc.); occhiali: retine modificate; e così via. Tutto questo già sarebbe una prova sufficiente del fatto che “il corpo naturale” non esiste, ma mi si potrebbe obiettare che l’ulteriore rispetto alla protesi tecnologica, ovvero il corpo umano, il corpo organico, obbedisce a leggi naturali oggettive, immodificabili e immodificate.

Ebbene, cari amici bioessenzialisti di merda, maschile sovraesteso voluto, attenti a quello che obiettate: perchè se accettiamo che la struttura socio-economica emani spontaneamente dall’organizzazione organica del nostro corpo, ci potremmo spiegare il fatto che siano nate, nella storia, molte civiltà stupende (altro che quello schifo di europa cristiana) che non si sono organizzate in senso familista, sessista, razzista ed estrattivo solo ricorrendo a razzismo, sessismo e classismo; e questo perchè, senza rendercene conto, il sistema economico a cui staremmo dando rango di naturalità è quello occidentale e capitalista, che ha bisogno, per sopravvivere, di razzismo, sessismo e classismo, perchè tende alla creazione di un monopolio di ricchezza e potere e ha bisogno di restringere l’accesso alle risorse ad una base sempre maggiore di popolazione, da cui invece va estratto valore.

Quello che sto cercando di dire è che il costrutto di sesso/genere e razza sono stati inventati a tavolino dall’Occidente bianco per procedere alla creazione della larga base di popolazione da cui viene estratto valore, ma che non accede o non accede autonomamente alla ricchezza, e innestati su parti organiche del nostro corpo, i genitali e i caratteri somatici, già storicamente, in Europa, produttivi di esclusione socio-economica. Il fatto di prendere alcune carratteristiche “psicologiche” e comportamentali, in realtà più o meno performanti economicamente, e collocarle, assegnarle ad un genitale, è servito a naturalizzare la predestinazione di nascita all’accesso (o meno) alla ricchezza. In pratica: al costrutto ormonale, genitale, somatico maschile è stata collegata la presunta emanazione di un soggetto etico-comportamentale, l’uomo, che in realtà è un soggetto economico; stessa cosa al costrutto femminile. Prova ne è che il contenuto della maschilità muta al mutare del sistema economico, in modo da mantenere sempre l’ “uomo” in posizione economica dominante. Approfondiremo questo discorso negli articoli dedicati alla distruzione di sesso e genere.

Quello che sto cercando di dire è che l’Occidente ha rivendicato per sè una posizione di produttore di senso, e ha riorganizzato lo spazio e i corpi che ne emanano a livello mondiale in funzione della sua superiorità, anzi, in funzione della naturalizzazione del suo sfruttamento rispetto all’alterità. Qui ci sono da fare due precisazioni: uno, il sistema occidentale coincide fondamentalmente con l’uomo bianco cisgender eterosessuale; due, il costrutto della “natura” si è sostituito, in età scientifica, a quello di Dio, per rendere indiscutibili costrutti socio-economici di sfruttamento. Il corpo razzializzato, ma anche il maschio e la femmina, sono stati prodotti a tavolino, per rendere immediatamente estraibili e sfruttabili le caratteristiche organiche in particolare del corpo femminilizzato, ed efficientarlo rispetto al lavoro di cura e alla riproduzione sociale.

Tornando al discorso della tecnologia, quindi, il nostro è un tecnocorpo per due motivi: uno, perchè è costantemente modificato dall’ibridazione con una protesi tecnologica aggiornata che lo produce in base alle caratteristiche socio-economiche assegnategli dal contesto; due, perchè, visto che l’assegnazione di questo complesso di corpo prostetico non è a caso, il corpo non aumentato va irregimentato e preparato all’ibridazione con la tecnologia, e, in questo senso, è prodotto.

Prendiamo, per esempio, il vestiario: è la protesi più completa, che serve a omologare e produrre il corpo secondo il costrutto di genere che continuamente rafforza e ritrasmette. Se il corpo “umano” non aumentato, non ibridato con la tecnologia, fosse libero di autoprodursi, maschilità e femminilità perderebbero di contenuto: probabilmente, ci sarebbero tante interpretazioni di queste categorie quante sono le persone, fino a relativizzarle completamente, svelandone la pretestuosità e decretandone la scomparsa. Invece no: viene prodotto un corpo prostetico (pantaloni/gonna, completo/vestito, blu/rosa ecc.) che omologhi la popolazione in base alla differenza genitale e non ne permetta la relativizzazione. I pantaloni servono a dire “ho il pene, sono forte e dominante, ricettivo della protesi tecnologica aggiornata, economicamente performante”, la gonna a dire “ho la vagina, sono debole e dominata, il mio corpo è destinato ad essere estratto per fungere da riproduttore”.

Pensare che le “donne” metterebbero naturalmente la gonna è illogico tanto quanto pensare che gli uomini non la metterebbero. Eppure, la punizione del comportamento deviante è giustificata in base alla sua presunta “innaturalità”. Dietro al fatto che i maschi mettano i pantaloni e giochino a calcio, mentre le femmine mettono la gonna e giocano a pallavolo, c’è, appunto, un discorso biopolitico, però, che, sulla base, per esempio, di fantasiose attribuzioni ormonali, naturalizza dei fatti di natura esclusivamente culturale. Nella realtà, il corpo è prodotto dall’insieme delle protesi e delle sostanze inoculate dal sistema (ormoni, vestiti, farmaci, droghe, cibo perfino), ibridato con l’organizzazione delle nostre risorse organiche in senso sistemico (“il testosterone è l’ormone dell’aggressività”, “gli estrogeni disattivano il desiderio sessuale” ecc.). Non solo è impossibile non modificarsi il corpo, ma, a tutti gli effetti, il costrutto del corpo naturale è già prodotto alla base. Approfondirò questo discorso negli articoli dedicati, appunto alla produzione del corpo.

Essendo quindi il nostro corpo frutto di una produzione discorsiva, biopolitica e cognitiva che comincia a modificarci, anzi, a produrci da appena nat3 e prosegue per tutta la vita, ci organizza nel senso del genere (e della razza, e della classe) anagrafico e ci ibrida con una serie di sostanze e di protesi precostuite in modo da evitare devianze e hackeraggi, non abbiamo nulla di naturale. Il nostro corpo è prodotto serialmente su scala industriale, da un sistema che si avvale di una serie di dispositivi di produzione (psichiatria, medicina, biologia) e di distribuzione (lo Stato e i suoi codici bio-anagrafici e bio-informatici). La tecnologia, dal cellulare ai vestiti, è a tutti gli effetti un asset prostetico, un organo modificato e che ci modifica. Possiamo accettare che questa modifica prosegua su direttive sistemiche ed esterne a noi, oppure riappropriarcene. In questo senso sono cyborg: ho consapevolezza del mio corpo aumentato e non permetto innesti che mi producano in senso sistemico. Mi autoproduco, ho hackerato il codice biopolitico e anagrafico che ha prodotto l’assetto ormonale, somatico e “sessuale” del mio corpo, e mi ibrido solo con sostanze epurate dalla produzione discorsiva sistemica, che possano distruggere il discorso di potere innestato su di me.